Gli studi che sono stati condotti finora sull’efficacia della lattoferrina, quercitina e del resveratrolo contro il COVID-19 sono per ora molto deboli e ancora non conclusivi. Inutile quindi comperare e utilizzare integratori a base di queste sostanze.
Negli ultimi mesi avrete sicuramente letto gli articoli strombazzanti su tre ricerche scientifiche che dimostravano l’efficacia dell’uso della lactoferrina per proteggerci dall’infezione da COVID-19, le potenzialità della quercitina e quelle del resveratrolo nel bloccare la replicazione del virus. Ribadisco subito quello che ho scritto nel titolo di questo mio articolo: purtroppo la lactoferrina, la quercitina e il resveratrolo per ora non servono proprio a nulla contro il Coronavirus, e quindi se assumiamo questi composti sotto forma di integratori, arricchiamo solo l’industria e non avremo alcuna protezione in più.
Qui vi spiegherò ovviamente il perché. E questa vicenda, poi, mi permette di togliermi alcuni grossi sassi dalle scarpe e mi dà anche l’occasione per spiegarvi qualcosa sulla “validità delle ricerche scientifiche”.
Il primo studio di cui voglio parlare è quello sulla lactoferrina e vado subito al sodo. Lo studio è stato condotto solo su 32 pazienti che sono stati sottoposti al trattamento con questa proteina. Capirete subito da soli che il campione sul quale è stata testata questa molecola è davvero molto molto piccolo per poter estendere i risultati a tutta la popolazione. Altro “difetto” dello studio è che la randomizzazione – una cosa un po’ più complicata che ora vi spiego- non è stata fatta a regola d’arte.
La randomizzazione in parole molto semplici consiste nel dividere in maniera del tutto casuale i soggetti in gruppi diversi per sottoporli poi ai diversi trattamenti e si fa all’inizio dello studio. Vi faccio un esempio. Inizio il mio studio e suddivido, senza sceglierli, i pazienti in 3 gruppi. Un gruppo assumerà l’integratore (o il farmaco) a un determinato dosaggio, un altro gruppo lo assumerà con un dosaggio più basso (o più alto), e un altro ancora – quello che viene chiamato placebo- non prenderà nulla (in realtà prenderà la stessa pillola che prendono gli altri soggetti, ma con niente dentro). Il placebo come sapete già è importantissimo, perché mi fa capire se l’integratore o il farmaco che ho testato sono davvero efficaci. Alla fine del trattamento si confrontano i risultati nei diversi gruppi. I 32 pazienti dello studio della lactoferrina, se non ricordo male, sono stati divisi in quattro gruppi (8 persone per gruppo), quindi, pochissime persone per ogni gruppo e poi se si va a leggere bene il lavoro scientifico, non è stato fatto un gruppo di placebo vero e proprio.
La cosa fin qui sarebbe andata liscissima: la ricerca seppure con i suoi limiti – come moltissime ricerche scientifiche – avrebbe avuto la sua dignità. I ricercatori studiano, fanno esperimenti, mettono sul tavolo scoperte che vanno poi riconfermate. La scienza, come vi ho scritto nel primo pezzo di Debunker-tutta la verità sul cibo, è esplorazione continua e tavolo di discussione.
Il problema è che, non me ne vogliano i colleghi, ma i risultati di questo studio sono stati sbandierati e lo studio raccontato come la “scoperta incredibile” contro il Covid-19 proprio dai ricercatori. Questo mi ha molto stupito, perché di solito sono i giornalisti che a volte ci rubano le ricerche scientifiche e le rendono sensazionali per avere seguito sulla notizia. Ma per fortuna oramai ne sono rimasti davvero pochi a fare così.
Forse troppo entusiasmo per i risultati ottenuti? Ricerca di visibilità? Sinceramente non lo so, ma noi ricercatori e scienziati dovremmo sapere tutti che quando rilasciamo un’intervista e parliamo ai media dobbiamo stare molto attenti a quello che raccontiamo, molto attenti nel dare informazioni scientifiche che siano come dico io “robuste” e cioè che siano basate su una serie di studi (e non su uno solo), che siano di buona e di ottima qualità e cioè su studi eseguiti su campioni adeguati, con disegni randomizzati con placebo e meglio se in doppio cieco. Il doppio cieco significa che né i ricercatori, né i soggetti che partecipano allo studio sanno cosa c’è nelle pillole o nelle compresse che vengono somministrate durante lo studio, e quindi quando si vanno a leggere i risultati si è più oggettivi.
Se non è così, raccontiamo pure la nostra ricerca ma non rendiamo i risultati “universali”, cioè non rendiamoli buoni per tutti.
Quindi per ora: niente lattoferrina.
La seconda questione degli studi sulla quercitina e sul resveratrolo è più molto semplice. I ricercatori hanno dimostrato che la quercitina è in grado di legarsi alle sub-unità dell’enzima 3CLpro, utile per la replicazione del Coronavirus. Lo studio è stato condotto attraverso la simulazione al calcolatore e quindi per ora non sappiamo se la quercitina rimane efficace contro il virus quando la ingeriamo, quando passa nel nostro stomaco e nel nostro intestino. Impasticcarsi tutti i giorni con integratori è quindi per ora inutile. Se vogliamo invece aumentare l’assunzione di alimenti ricchi in quercitina come mele, agrumi, uva, broccoli, cipolle, ribes, ben venga perché questa sostanza può contribuire a ridurre la formazione di radicali liberi, riducendo gli stati infiammatori.
La faccenda del resveratrolo è simile: la molecola ha alto potenziale antivirale in vitro, testato non sul Coronavirus ma su virus parente, il Mers. I ricercatori dell’Università Federico II di Napoli hanno condotto degli studi con integratori ad alto dosaggio di resveratrolo in una forma che può essere facilmente assimilata dal nostro organismo, la polidatina, con risultati molto incoraggianti ma non ancora conclusivi. Aspettiamo quindi indicazioni certe e ricordiamoci che il resveratrolo è presente in piccolissime quantità nell’uva, nel vino rosso, mele e nei mirtilli, quantità che purtroppo non arrivano a proteggerci dal Covid-19.
Vi lascio 5 semplici suggerimenti per riconoscere se uno studio è “robusto”:
- Non vi fidate mai del sensazionalismo: non vi fidate sempre dei ricercatori e degli scienziati, a volte hanno desiderio di visibilità. Ancor meno dei titoli della notizia: andate oltre, leggete l’articolo
- Verificate se lo studio è fatto in vitro o su animali da esperimento
- Nel caso lo studio sia stato condotto sull’uomo: leggete la numerosità del campione
- Ottimo se leggete “studio clinico randomizzato” con placebo e ancora meglio se c’è scritto anche “in doppio cieco”
- Se è il primo studio –anche se fatto con criteri super – esultiamo per la scoperta -ma aspettiamo che ne arrivino altri che ne confermino i risultati.
Se non è cosi: leggiamo l’articolo, informiamoci, aumentiamo le nostre conoscenze scientifiche, sviluppiamo il nostro senso critico e continuiamo a credere nella Scienza.
Stefania Ruggeri